Olio di pesce: utile fonte di Omega 3 o solo marketing? Tutta la verità secondo gli esperti

Negli ultimi anni, l’olio di pesce omega 3 ha conquistato un posto d’onore sugli scaffali di farmacie, supermercati e negozi di alimenti naturali. Lo si trova in una moltitudine di prodotti: da integratori altamente concentrati a cibi addizionati. Tuttavia, dietro questo successo commerciale si nasconde un crescente dibattito sull’olio di pesce omega 3. Il boom della domanda ha portato all’espansione dell’acquacoltura e ad un conseguente impatto ambientale non trascurabile. Il marketing, spesso sostenuto anche da medici, ha fatto la sua parte nell’ingigantire i benefici attribuiti a questo prodotto.

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Oggi, il mercato globale dell’olio di pesce omega 3 supera i 3 miliardi di dollari e le proiezioni parlano di ulteriore crescita. Ma quanto c’è di vero in tutto questo?

Quali sono le origini del successo dell’olio di pesce?

Il clamore attorno all’olio di pesce omega 3 ha iniziato a crescere a partire da uno studio pionieristico del cardiologo Steve Nissen, pubblicato nel 1985 sul New England Journal of Medicine. La ricerca si basava su un’osservazione durata vent’anni su circa 850 uomini. Secondo i dati, chi consumava 30 grammi di pesce al giorno aveva un rischio di morte per cause cardiovascolari inferiore del 50%.

Tuttavia, come osservato dagli stessi studiosi, i benefici non erano necessariamente legati solo al pesce. Le persone che ne mangiavano di più spesso seguivano anche una dieta povera di carne rossa e conducevano uno stile di vita più sano.

Quello studio aprì la strada a decine di nuove ricerche, ma nessuna è riuscita a confermare in modo inequivocabile l’efficacia dell’olio di pesce omega 3, a eccezione di alcuni casi specifici come l’ipertrigliceridemia o le patologie cardiache già presenti.

È davvero benefico per il cuore?

Le linee guida scientifiche oggi sono piuttosto chiare: chi non presenta fattori di rischio cardiovascolare specifici non trae beneficio dall’assunzione di olio di pesce omega 3 sotto forma di integratori. Una metanalisi del 2018 condotta dalla rete Cochrane, famosa per la severità nella selezione degli studi da includere, ha concluso che non esiste alcuna evidenza a sostegno della prevenzione di malattie cardiovascolari, ictus o mortalità con l’assunzione di omega-3.

Anzi, alcuni studi più recenti hanno evidenziato che, per soggetti sani, l’olio di pesce omega 3 può aumentare il rischio di eventi avversi come infarto e ictus. Lo stesso vale per alcune formulazioni ad alta concentrazione, che sono state associate a un rischio maggiore di fibrillazione atriale e trombosi.

Nel 2020, un ampio studio clinico condotto su oltre 13.000 pazienti cardiopatici è stato interrotto in anticipo per mancanza di benefici e per l’incremento degli episodi di fibrillazione atriale. Effetti collaterali comuni segnalati includono disturbi gastrointestinali, eruttazioni e il caratteristico retrogusto di pesce spesso associato agli integratori di omega 3.

L’olio di pesce può anche andare a male?

Sì, ed è una questione tutt’altro che trascurabile. Un’indagine condotta su circa 60 integratori venduti negli Stati Uniti, molti dei quali distribuiti anche in Europa, ha rilevato che uno su dieci presentava livelli di ossidazione superiori ai limiti di sicurezza. In pratica, erano rancidi.

Questa ossidazione non solo annulla i potenziali benefici dell’olio di pesce omega 3, ma può anche risultare dannosa, provocando infiammazioni e stress ossidativo.

Da dove provengono gli omega-3 e cosa contengono davvero gli integratori?

Gli omega-3 provengono principalmente da pesci grassi come acciughe, sardine, aringhe e salmoni. Un’altra fonte naturale è rappresentata dalle alghe marine, spesso utilizzate nelle formulazioni vegane. Gli integratori più diffusi sono le capsule molli, ma sotto questa apparente semplicità si nasconde una grande variabilità nella composizione.

Essendo classificati come “integratori”, non sono sottoposti agli stessi rigidi controlli dei farmaci. Questo significa che possono contenere altri ingredienti non sempre dichiarati in etichetta. Inoltre, la quantità di olio di pesce omega 3 può variare da prodotto a prodotto, rendendo difficile confrontarne l’efficacia.

Il pesce intero è davvero meglio dell’integratore?

Secondo numerose ricerche, i benefici associati all’olio di pesce non sono replicabili con gli integratori. In laboratorio, gli omega-3 possono ridurre l’infiammazione e migliorare i livelli lipidici, ma questi effetti non sempre si traducono nella realtà clinica.

Molto probabilmente, il beneficio di mangiare pesce intero deriva da un insieme di fattori: la presenza di altri nutrienti, la modalità di cottura e l’inserimento del pesce all’interno di una dieta bilanciata. Insomma, non si può ottenere lo stesso effetto prendendo una capsula rispetto a mangiare una porzione di acciughe o sardine ricche di olio di pesce omega 3.

Cosa dovremmo fare davvero?

Gli esperti contattati dal Guardian concordano: chi soffre di malattie cardiovascolari dovrebbe discutere con il proprio medico sull’opportunità di assumere integratori di omega-3. Tuttavia, per la popolazione sana, la soluzione migliore resta quella di inserire il pesce nella dieta in modo equilibrato, preferendo fonti fresche e di qualità.

In questo modo si possono ottenere benefici reali senza esporre il corpo agli effetti collaterali degli integratori e, al tempo stesso, si riduce l’impatto ambientale legato alla produzione industriale di olio di pesce omega 3.

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