Francia boicotta Coca-Cola, McDonald’s e junk food USA. E l’Italia cosa fa?

Negli ultimi mesi, un crescente sentimento di opposizione nei confronti degli Stati Uniti ha cominciato a prendere piede in diversi paesi europei, in risposta alle politiche protezionistiche adottate dall’ex presidente Donald Trump, in particolare per quanto riguarda l’applicazione di nuovi dazi sui prodotti alimentari.

La reazione non si è fatta attendere: un numero sempre maggiore di consumatori ha scelto di manifestare il proprio dissenso boicottando marchi statunitensi, con una forte risonanza in Francia, dove il fenomeno ha assunto proporzioni significative.

Francia in prima linea: consumatori contro marchi iconici

In Francia, secondo un recente sondaggio condotto da Ifop per il portale turistico NYC.fr, quasi un cittadino su tre (32%) ha dichiarato di non acquistare più prodotti di marchi statunitensi. Ancora più eclatante è il dato secondo cui il 62% degli intervistati sostiene attivamente l’idea del boicottaggio. L’hashtag #BoycottUSA è diventato virale, rimbalzando tra social media e notiziari.

A finire nel mirino sono soprattutto due colossi dell’alimentare: Coca-Cola e McDonald’s, rispettivamente al 48% e al 44% nelle preferenze di boicottaggio. Pur producendo in parte con ingredienti locali – come nel caso del Big Mac francese, realizzato con manzo nazionale – questi brand restano simboli dell’industria agroalimentare americana, basata su un modello di produzione industriale intensivo e alimenti ultraprocessati, spesso ricchi di zuccheri, sale e grassi.

Un gesto simbolico dal valore culturale e ambientale

Il boicottaggio in atto non è soltanto un rifiuto commerciale: rappresenta anche un gesto carico di significato, una forma di protesta che vuole incoraggiare un ritorno a sistemi alimentari più sani, sostenibili e coerenti con i valori europei. I cittadini europei, sempre più consapevoli dell’impatto ambientale e sanitario dei prodotti che consumano, stanno mostrando una maggiore attenzione verso le filiere locali e i prodotti a chilometro zero.

Le politiche statunitensi, percepite come aggressive e orientate al profitto, hanno contribuito ad accelerare questo cambiamento di rotta. Il boicottaggio, quindi, diventa un modo per ridurre la dipendenza da un modello alimentare giudicato non in linea con la sensibilità europea.

Anche la Svezia dice basta: proteste oltre la Francia

Il malcontento verso i prodotti statunitensi non è circoscritto alla sola Francia. Anche in Svezia, una ricerca parallela ha rivelato che ben il 29% dei consumatori ha smesso di acquistare prodotti americani nell’ultimo mese come forma di dissenso. La protesta assume un significato trasversale: coinvolge persone di diverse idee politiche, sia a sinistra che a destra, ed è alimentata anche da temi sociali e culturali.

I settori più colpiti? Quelli dove le alternative locali sono facilmente accessibili: bevande gassate e fast food in primis. Ma la portata simbolica del boicottaggio va ben oltre la semplice sostituzione di un prodotto.

Italia: mercato in crescita ma con segnali di cambiamento

Nel nostro Paese, i marchi statunitensi continuano a occupare una posizione di rilievo. Secondo i dati forniti da NielsenIQ, nel 2023 Coca-Cola è stata la bevanda più venduta nei supermercati italiani, seguita a ruota da Pepsi. Insieme, queste due etichette coprono oltre il 60% del mercato delle bibite gassate.

McDonald’s, invece, conta più di 700 punti vendita distribuiti sul territorio nazionale, con oltre un milione di clienti serviti ogni giorno. Eppure, anche in Italia sta nascendo una nuova consapevolezza. L’attenzione verso i prodotti locali e le critiche ai cibi ultraprocessati stanno spingendo molti consumatori a rivedere le proprie abitudini.

Il boicottaggio, seppur meno diffuso che in Francia o in Svezia, comincia a essere percepito come una possibile forma di protesta anche da parte degli italiani.

I marchi statunitensi sotto osservazione: la lista nera del boicottaggio

Ecco alcuni tra i principali marchi americani finiti nel mirino del boicottaggio, molti dei quali presenti anche nel nostro Paese:

Coca-Cola Company: oltre alla celebre bibita, controlla anche Fanta, Sprite, Powerade, Honest, Fuzetea e parte di Schweppes sul mercato europeo.

PepsiCo: oltre a Pepsi, include Lay’s, Doritos, Quaker, Tropicana e Gatorade.

Mondelez International: sebbene abbia sede operativa in Europa, è di origine statunitense. Gestisce brand come Oreo, Milka, Philadelphia, Toblerone, Tuc, Saiwa e Trident.

General Mills: detiene marchi come Cheerios, Nature Valley, Old El Paso e i gelati Häagen-Dazs.

Kraft Heinz: conosciuto per il ketchup, è anche dietro a Philadelphia, Plasmon e Capri Sun.

Mars, Inc: produttore di snack come Mars, M&M’s, Snickers, Twix, ma anche di riso Uncle Ben’s e alimenti per animali come Whiskas e Pedigree.

Starbucks: oltre ai caffè venduti nei punti fisici, è presente nella grande distribuzione con bevande pronte e snack.

Kellogg’s: famoso per la vasta gamma di cereali per la colazione.

Una riflessione che tocca tutti: consumare consapevolmente

Il movimento di boicottaggio contro i prodotti alimentari statunitensi sta diventando sempre più diffuso e consapevole, innescando una riflessione più ampia su ciò che consumiamo ogni giorno. Non si tratta solo di evitare determinati marchi, ma di promuovere un cambiamento culturale, economico e ambientale.

Le scelte dei consumatori, in Francia, Svezia e anche in Italia, stanno tracciando una nuova rotta: quella verso una maggiore indipendenza alimentare, una dieta più sana e un modello produttivo più rispettoso dell’ambiente e della salute pubblica.

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