Negli ultimi tempi, l’interesse verso i farmaci antiobesità e i farmaci agonisti del GLP-1, come la semaglutide, è cresciuto esponenzialmente. Non solo per la loro efficacia nel controllo del diabete di tipo 2 e nella gestione del peso corporeo, ma anche per altri possibili effetti collaterali ancora poco conosciuti. Tra questi, emergono preoccupazioni legate all’impatto sulla salute mentale, in particolare sul rischio di depressione e pensieri suicidari.
Un recente studio pubblicato su Current Neuropharmacology solleva l’allarme: l’assunzione di questi farmaci potrebbe indurre sintomi depressivi in persone geneticamente predisposte a una ridotta regolazione della dopamina, il neurotrasmettitore chiave nei meccanismi del piacere e della motivazione.
Come funzionano i farmaci agonisti del GLP-1?
Farmaci come Ozempic e Wegovy agiscono imitando il comportamento naturale dell’ormone GLP-1 (glucagon-like peptide-1). Questo ormone favorisce il rilascio di insulina e sopprime la secrezione di glucagone quando i livelli di zucchero nel sangue sono elevati, contribuendo così a mantenere la glicemia sotto controllo.
Un altro effetto importante di questi farmaci è la loro capacità di aumentare il senso di sazietà, inviando segnali al cervello che riducono l’appetito. Questo meccanismo rende più semplice perdere peso, contrastando quella sensazione di fame persistente che spesso ostacola le diete ipocaloriche.
Qual è il legame tra GLP-1 e la dopamina?
Oltre agli effetti sulla regolazione della fame e del metabolismo, alcuni pazienti trattati con agonisti del GLP-1 hanno riportato una diminuzione di comportamenti compulsivi legati non solo al cibo, ma anche al consumo di alcol e sigarette. Questo ha spinto i ricercatori a esplorare una possibile influenza di questi farmaci sulla dopamina, il neurotrasmettitore coinvolto nei meccanismi di gratificazione.
La dopamina è nota per il suo ruolo nel rinforzare comportamenti gratificanti, e una sua alterazione può influenzare in maniera significativa l’umore e le abitudini di vita. Tuttavia, le evidenze raccolte fino ad ora sono perlopiù aneddotiche e necessitano di ulteriori studi scientifici per essere confermate.
Quali rischi emergono dallo studio internazionale?
Un team di ricercatori provenienti da Stati Uniti, Iran, Brasile e Israele ha ipotizzato che la capacità dei farmaci GLP-1 di ridurre la segnalazione dopaminergica possa avere effetti contrastanti. Mentre in soggetti con una dopamina eccessivamente attiva può risultare benefico (ad esempio nel trattamento delle dipendenze), in individui geneticamente predisposti a una bassa attività dopaminica (ipodopaminergia) l’effetto potrebbe essere negativo.
Secondo lo studio, nei pazienti con una vulnerabilità genetica specifica, l’ulteriore riduzione della dopamina cerebrale potrebbe favorire l’insorgenza di sintomi depressivi e aumentare il rischio di pensieri suicidari. In particolare, l’attenzione si è concentrata su alterazioni nella via mesocorticale della dopamina, cruciale per la regolazione dell’umore.
Quali geni sono coinvolti?
Gli scienziati hanno individuato associazioni tra gli agonisti del GLP-1 e alcuni geni importanti per il sistema della ricompensa e della regolazione emotiva, come DRD3, BDNF e CREB1. Questi geni, già noti per il loro coinvolgimento nei disturbi dell’umore, potrebbero spiegare perché alcuni pazienti sviluppano sintomi psichiatrici a seguito dell’assunzione cronica di questi farmaci.
L’ipotesi avanzata suggerisce che mentre chi ha un’attività dopaminergica elevata possa trarre vantaggio da terapie a base di agonisti GLP-1, coloro che presentano una predisposizione a una carenza dopaminergica potrebbero sperimentare un peggioramento della salute mentale.
Come si stanno muovendo le autorità sanitarie?
Alla luce di queste segnalazioni, l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha avviato una revisione della sicurezza dei farmaci agonisti del GLP-1, focalizzandosi sugli eventi avversi di natura psichiatrica. Questa revisione mira a valutare con attenzione i dati disponibili e a comprendere meglio il profilo di rischio di questi trattamenti.
Negli Stati Uniti, anche la Food and Drug Administration (FDA) sta monitorando la situazione, sebbene al momento non siano stati emessi avvisi formali specifici.
Qual è il consiglio degli esperti?
Gli autori dello studio invitano alla massima prudenza. Nonostante i significativi benefici degli agonisti del GLP-1 nella gestione dell’obesità, del diabete e delle malattie cardiovascolari, è essenziale non sottovalutare gli effetti collaterali potenzialmente gravi sul piano psicologico.
Una strategia prudente potrebbe consistere nell’integrare la prescrizione di questi farmaci con test genetici personalizzati, utili a identificare i pazienti a rischio di ipodopaminergia prima dell’inizio del trattamento. In questo modo, si potrebbero prevenire casi di depressione o peggioramenti dell’umore legati all’uso prolungato di farmaci come Ozempic e Wegovy.
Conclusioni
Il potenziale dei farmaci agonisti del GLP-1 è indubbio: rappresentano una delle innovazioni più promettenti degli ultimi anni per la gestione di patologie metaboliche e comportamentali. Tuttavia, come ogni potente strumento terapeutico, richiedono una valutazione accurata dei rischi individuali.
Approfondire la relazione tra funzione dopaminergica e risposta a questi farmaci sarà fondamentale per garantire trattamenti sempre più sicuri e personalizzati, riducendo al minimo gli effetti collaterali e tutelando il benessere globale dei pazienti.
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